ELOISE BALIA

Eloise Balia è nata a Sant’ Antioco (CA) nel 1970.

Nel 1988 si trasferisce in Germania, poi in Toscana a Firenze e Grosseto, da tre anni vive a Reggio Emilia, dove, nella sua casa / studio, ospita e conduce il Closlieu : L’Accademia del Girulì, una piccola classe dove viene promosso e divulgato il metodo Arno Stern (essenzialmente un metodo che favorisce lo sviluppo della libertà espressiva).

Molto giovane ( 11 anni ) inizia a dipingere come autodidatta dedicandosi con passione allo studio della pittura a olio e nel 1994 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze ottenendo la Lode nella sezione di pittura.

Nel 1994 partecipa alla fondazione del gruppo Pitturattiva – performance e arti visive. Con i Pitturattiva realizza vari murales e performance in occasione di eventi pubblici e privati, e partecipa a vari Festival d’arte di strada in Toscana, Veneto e Emilia Romagna. Il gruppo si scioglierà nel 2008.

ottobre2012 pontassieve 227 ritratto

A Carrara, nel 2002, partecipa al Wall Painting Festival, Affreschi di memoria assieme a Martin Kramer, Anna Stepankiewics, Monica Michalczewska, Marek Zajac, realizza un’affresco di 120 metri quadri, lungo Via San Piero e sulla facciata del palazzo che ospita la Tipografia Il Seme (nell’ambito di un progetto europeo che prevedeva il recupero strutturale e la valorizzazione di luoghi di particolare interesse storico e sociale).

Muralista e affrescatrice apassionata, Eloise continua la sua attività portando la sua arte in Brasile, a Rio de Janeiro in Nuova Friburgo e in Amazzonia e in Italia a Reggio Emilia con un nuovo progetto che prevede il coinvolgimento di persone autoctone non necessariamente dedite normalmente all’attività pittorica.

Dotata di una personalità eclettica e intuitiva, la sua ricerca la porta ad approfondire varie tecniche tra quelle tradizionali, come l’affresco, l’olio, la tempera e l’utilizzo frequente di supporti inusuali (come per esempio la carta da telefax per l’ acquerello), provenienti molto spesso dal riciclo di oggetti di uso quotidiano (assi da stiro, sedute, tavoli, porte, sportelli e ancora carta da parati, sottovesti, calze, centrini …) e alti materiali assemblati: legno, vetro, ferro, sassi…

Come ha giustamente scritto Riccardo Luccio nella presentazione per la mostra Dangereux:

La prima cosa che colpisce, di fronte a queste opere di Eloise Balia, è la straordinaria unitarietà della mostra, di fronte a un’apparente assoluta disomogeneità di tecniche, materiali e stili…

Nelle opere di Eloise, il materiale su cui la creazione è eseguita, che sia legno, carta, tela, non è mai un semplice supporto, ma è parte integrante nel processo creativo. Non si ha mai, poniamo, una tempera su tavola, ma una tavola e tempera, perché la tavola è parte integrante della creazione, e quel’opera non potrebbe mai pensarsi su un diverso supporto….

Dalla mostra Dangereux - recensione di riccardo luccio

La prima cosa che colpisce, di fronte a queste opere di Eloise Balia, è la straordinaria unitarietà della mostra, di fronte a un’apparente assoluta disomogeneità di tecniche, materiali, stili. Vi sono opere il cui segno, quasi calligrafico, è prezioso e raffinatissimo, come quella straordinaria “Maddalena Pellegrina”. Altre quasi barbariche, come la feroce figura martirizzata di “Lithium”, o che ricordano certi altari gotici, come il contorno di umanità abbozzata, corona di dannati, di “Come e quando finirà tutto questo?”.

Credo che sia questa la primissima cosa che Eloise vuol dirci: guarda, io, come tu, come tutti noi, non sono una creatura semplice, sono un prodotto altamente complesso di infinite esperienze, ricordi, apprendimenti, sensazioni, emozioni. Non puoi pensare di capirmi prendendo solo un lato di me. Non riuscirai mai a semplificarmi. Io sono tutto questo, ma in ogni mio aspetto, per eterogeneo che possa apparirti, sono sempre io che ti parlo, a volte gridando, a volte piangendo, a volte ridendo. Perché, fattene una ragione, io sono una creatura libera, e non riuscirai mai, né tu né nessun altro, a impormi un modo predefinito di esprimermi.

 

La seconda cosa, ma così strettamente legata alla prima, è l’unitarietà anche di opera e materiali, creazione e supporto. Nelle opere di Eloise (ed è forse per questo che mi riesce difficile dire semplicemente “quadri”) il materiale su cui la creazione è eseguita, che sia legno, carta, tela, non è mai un semplice supporto, ma è parte integrante nel processo creativo. Non si ha mai, poniamo, una tempera su tavola, ma una tavola e tempera, perché la tavola è parte integrante della creazione, e quell’opera non potrebbe mai pensarsi eseguita su un diverso supporto.

Le opere di Eloise, infatti, sono in primo luogo materiali, corporee, concrete. I corpi, quando rappresentati, sono fatti di carne che si impone nella sua concretezza materiale, spesso, quasi sempre, dolente. Eloise vuole raccontarci la storia di un viaggio, di una Cappuccetto Rosso che traversa in una serie di riti di passaggio un bosco ingannevole, dolente e violento, ma pieno anche di immagini di infinita tenerezza, di doni che sono strumenti per affrontare un percorso spesso doloroso, per cercare di evitare il male che ovunque si nasconde.

E’ un percorso che coinvolge e carica di energia chi con Eloise vuole percorrerlo sino alla fine. Fine che non si troverà in questa mostra: certi viaggi non terminano mai altro che con la fine della strada che si percorre nella nostra esistenza, finché questa durerà, e finché vorremo percorrerla con gli occhi aperti.

Perché Eloise ci conduce in un viaggio prima di tutto di libertà. La pluralità dei materiali e degli stili, dei temi e dei percorsi, è libertà dai materiali e dagli stili, dai temi e dai percorsi. E’ una libertà che si acquista di fronte alla violenza, uno sfondo terribile che è presente in quasi tutte le opere, ma che è fatta anche di feroce allegria di fronte alla più profonda disperazione.

Eloise ci chiede di percorrere con lei almeno un tratto di strada. A volte non ci sarà facile, perché è un viaggio che richiede un forte impegno, e la disponibilità a mettersi in gioco. E la libertà che si intravede alla fine del percorso non è alleggerimento dagli impegni dell’esistenza. Al contrario, è libertà fatto di consapevolezza, di liberazione dagli inganni in cui a volte ci piace mantenere la nostra tranquillità. Me perciò è libertà vera.

Quasi la totalità delle opere fino al 2010 denunciano le difficoltà nell’evoluzione umana, rivelata dalla persistenza di meccanismi dolorosi, che
si manifestano soprattutto nei rapporti affettivi, spesso vissuti in maniera
distorta, distratta. Parlano di un’umanità allontanata dalla vera domanda
e dalla natura.
Il 2010 è un anno segnato da nuove esperienze e nuove speranze, tutto
cambia, si apre una nuova fase, ben testimoniata dalla produzione
artistica.
La mia ricerca pittorica è nel Presente divenire, nel’accettazione del
mutamento continuo: è il percorso che la mente ignora, e per questo, più
distante dagli inganni.
Il Presente, il punto fisso che si rinnova, che considero una qualità; è un
valore intrinseco dell’opera, senza questo l’opera sarebbe solo un oggetto
dipinto, incapace di rimandare energia
il Presente è la vita libera: quando dipingo, nel rispetto di questa qualità,
affermo la mia libertà.
Nel mio sogno, attraverso la figurazione, desidero che questa stessa libertà
possa toccare i cuori di chi guarda e vede.
Il dipinto è una finestra aperta su un paesaggio tanto irreale quanto una
qualsiasi interpretazione del mondo; diventa reale nella sua intensità di
prodotto dell’anima, del corpo e della mente umana.


Eloise Balia
Reggio Emilia 20 Aprile 2018

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